I dromedari di San Rossore, una storia che viene da lontano

Come fu che i "cammelli pendenti" giunsero alla Tenuta e ci abitarono per oltre tre secoli

Ferdinando II de’ Medici e la passione per l’esotico

Sembrerà strano ma i dromedari hanno abitato nel Parco per oltre tre secoli.
Il primo esemplare di questa specie esotica sbarcò a Pisa, accompagnato da uno schiavo, nel 1622, forse inviato in dono dal Bey di Tunisi al Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici, grande appassionato di animali esotici e fermamente convinto che il clima mite di San Rossore sarebbe stato perfetto per l’animale.

E così fu. L’animale si ambientò, e allora il Granduca ne fece arrivare altri in dono dall’Africa. Inizialmente furono esibiti come mera curiosità, simboli del potere dei Medici e dei loro rapporti diplomatici e commerciali con i popoli nordafricani e mediorientali.
Da immaginarsi la faccia delle persone che assistettero numerose al viaggio dal porto di Livorno a Pisa di una mandria mai vista prima.

I “cammelli pendenti” raggiungono quasi i 200 esemplari

Un buon numero di dromedari giunse alla Tenuta come regalo del generale Arrighetti, che li aveva sottratti ai Turchi durante la battaglia di Vienna, nel 1683.
Nel corso del Settecento, i “cammelli”, come li chiamavano i pisani, grazie allo spirito di adattamento al territorio sabbioso e dunale vennero impiegati, al posto dei cavalli, nei lavori agricoli e per il trasporto del legname nelle vie impervie di San Rossore. Gli animali trovarono un clima favorevole per la riproduzione e si inserirono incredibilmente nell’ecosistema del parco fino a raggiungere il culmine di 196 esemplari nel 1789.

“Cammelli pendenti” li apostrofavano i visitatori del Parco, per la loro associazione con la torre pendente di Pisa. Questi animali esotici furono testimoni di oltre 3 secoli di storia diventando famosi in tutta Europa: furono cavalcati da principesse, nobili, re e regine, affascinarono Friederich Nietzsche quando un’estate fece visita al Parco tanto da descriverli nel dialogo “Il viandante e la sua ombra” in Umano troppo umano, e assistettero purtroppo all’infame firma delle leggi razziali da parte di Vittorio Emanuele III.

La guerra

Durante i lavori di ristrutturazione della Tenuta di San Rossore da parte della dinastia sabauda, venne incentivato l’allevamento di dromedari e furono realizzate le scuderie e il Boschetto per ospitarli. In questo periodo venne sfruttato anche il loro pelo per realizzare materassi, e probabilmente anche la loro carne.

A fine ‘800 gli esemplari erano però calati ad un centinaio e continuarono a diminuire. La loro decimazione avvenne durante la Seconda guerra mondiale, quando molti di loro servirono a sfamare le truppe dell’esercito tedesco che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si erano accampate nella Tenuta.

Altri finirono in qualche zoo o circo equestre. Gelosa, Eritrea, Asmara, Sinfarosa, Sparviero, Bella, Zebedeo, Messalina e Rosalinda alcuni dei loro nomi…

La fine di una storia plurisecolare

Nel dopoguerra si tentò di reintrodurre altri esemplari acquistati dalla Libia con l’appoggio del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ma con scarsi esiti, ormai venuto meno l’humus che ne aveva motivato la presenza secolare sul territorio.
L’ultimo dromedario del Parco visse fino agli anni Sessanta del XX secolo: il suo scheletro è attualmente esposto al Museo di Storia Naturale della Certosa di Calci.
Nel 2014 in occasione della Route Nazionale Agesci, gli scout hanno donato al Parco tre esemplari di dromedari, un maschio e due femmine, provenienti da riserve e parchi italiani.